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Immagine“Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”.

L’articolo 51 della Costituzione fatica a realizzarsi in un Italia dove quotidianamente le donne vedono violati i propri diritti (vedi l’ignobile costrizione alla firma delle dimissioni in bianco), dove ancora non c’è parità di retribuzione e dove le donne si vedono spesso sbarrato l’accesso ai posti di comando.

 

In un Paese dove “ogni 2-3 giorni un uomo uccide una donna perchè non concepisce che possa essere libera di vivere come vuole” c’è bisogno di un cambiamento culturale prima di tutto. 

Si deve al più presto invertire la rotta di un ventennio dove politica e televisioni commerciali hanno propagandato un immagine della donna ancora solo casalinga e moglie, mai lavoratrice, e comunque sempre subordinata all’uomo. In Italia, infatti, “continuano a persistere concezioni conservatrici, luoghi comuni, pregiudizi, atteggiamenti sessisti e violenti che sono all’origine della sistematica discriminazione delle donne e della violazione dei loro diritti fondamentali”. 

Dopo il One billion rising, l’urlo globale contro la violenza sulle donne, e dopo l’accorato appello di Luciana Littizzetto, si è riaccesa l’attenzione su questo piaga sociale, politica ma soprattutto culturale che affligge il nostro paese. Il disegno di legge per contrastare il femminicidio, presentato dalla senatrice PD Anna Serafini, è un primo passo per fermare quest’emergenza, ma per garantire le pari opportunità ancora molto c’è da fare. Una maggiore presenza delle donne nelle istituzioni è una garanzia che questi problemi non saranno più ignorati.

 

In Italia, come in Europa, la presenza femminile nelle istituzioni è ancora minoritaria. Altrove le cose sono cambiate radicalmente. Lì dove i palazzi del potere una volta erano patrimonio esclusivo di generali e caudillos, oggi Dilma Rousseff è al governo del paese che è il gigante politico, economico e demografico dell’America Latina, e la presenza femminile nelle istituzioni del subcontinente è rafforzata da Cristina Kirchner, alla guida dell’Argentina, e da Laura Chinchilla in Costa Rica. Forse passeranno ancora decenni prima di vedere in Italia una donna-presidente, ma il Partito Democratico ha rimesso al centro della sua agenda la promozione delle pari opportunità ed è intenzionato a seguire una politica volta a cambiare la millenaria cultura maschilista italiana.

 

L’odiato Porcellum rischiava di mandare in fumo le opportunità di cambiamento che si aprono con le elezioni politiche e regionali del 24-25 febbraio, ma le primarie del Partito democratico hanno restituito la parola ai cittadini e, obbligando a dare almeno un voto dei due a candidati di sesso femminile, si è realizzato il proposito dell’art 51, la promozione delle pari opportunità. 

Grazie alle Primarie il 40% dei candidati del Partito democratico alla Camera, per la prima volta nella storia della Repubblica, sarà di sesso femminile. Un piccolo grande passo nella Modernità.

di Chiara betto